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Un pattern per Mafe

  • di
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Il pomeriggio in cui ho cominciato a lavorare sul pattern per Mafe me lo ricordo con precisione perché è stata una di quelle giornate da stereotipo del freelance felice e flessibile che nella realtà poi non si verificano mai, mai, MAI. O almeno: non a me. Di solito qualunque lavoro comincia con me vestita in modo improbabile davanti alla scrivania come ogni altro giorno. Invece quella volta c’era sciopero dei mezzi, avevo tre cose da fare in tre posti diversi di Milano, tra cui una giornata di empowerment per professioniste e creative alla sede di Instagram, una riunione per quello che sarebbe diventato l’albo illustrato per CasAmica, e più o meno quattro ore tra le due cose.

Perciò sono andata da Upcycle, ho preso una fetta di torta alla Guinness e un caffè americano, mi sono seduta a un tavolino e ho cominciato a lavorare al pattern per Mafe. C’era un sole meraviglioso da inizio primavera, e tutto il lavoro di ricerca e i primi sketch li ho fatti a quel tavolino con la torta e il sole di marzo sulla schiena. La richiesta era un pattern pulito e lineare a tema marino: una di quelle cose con cui io vado a nozze, insomma. Pesci, polpi, alghe, meduse, tutto il cocuzzaro. Avevo avuto modo di vedere la beta del sito e la palette di colori, e con quelli ho lavorato sulle variazioni di forme, cadenza e abbinamenti di colore.

Il risultato è sul sito di Mafe, compreso il fantastico script di Ivan Rachieli che pesca ad ogni refresh una bestia diversa da mostrarti, per ipnotizzare quelli come me che passerebbero il pomeriggio a fare F5. Che dire? Non so, forse dovrei finire più spesso ai tavolini di un caffè a lavorare mangiando torta al cioccolato, se questi sono i risultati.