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La newsletter tostoina di luglio ha la sabbia nelle scarpe

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red daruma doll illustration with arms crossed and a comically disappointed face saying the word "NO."
Una newsletter che ha troppo caldo per i sottotitoli.
red daruma doll illustration with arms crossed and a comically disappointed face saying the word "NO."

Vivere nel mondo in questo periodo è come avere perennemente della sabbia nelle scarpe: anche se stai facendo altro difficilmente puoi liberarti della consapevolezza della sua costante, abrasiva presenza. È lì mentre fai cose gioiose e cerchi di non darci peso, è lì a peggiorare la situazione in un momento di disagio, è lì, pizzica, prude, esiste. È difficile evitare di vedere i legami tra le nostre minute preoccupazioni di una vita tutto sommato normale e non ingestibile e cose molto più grandi di noi, tra comicsbrokeme e tutte le persone gentili, piene di idee, stanchissime e perennemente sotto deadline che conosci, tra la questione dell’enorme tossicità di certi ambienti del lavoro creativo e culturale in cui il genere è solo uno degli assi in cui questa tossicità si esprime; tra non poterti godere l’estate perché questa non è estate è global warming, tra guardare quanto costano le pesche quest’anno e pensare che ah già quest’anno mi sa pesche pochine, c’è stata un’alluvione e c’è chi ancora fa la conta dei danni. Le cose che si fanno, si fanno nonostante, un pezzo alla volta, navigando a vista, pigliandosi le gioie dove ci sono e se non ci sono costruendole apposta, con gli altri.

E quindi a proposito di costruirsi le proprie gioie. La Festa del Non Farcela è stata una due giorni piuttosto amena, nonostante lo sciopero dei mezzi e l’arrivo della caldazza. Grazie per avermi assecondato in questa stupidera, è stato un compleanno bellissimo. Per chi non c’era trovate sempre una selezione di adesivi, tatuaggi temporanei, spille cartoline e altre sciocchezze da RedRoom. Una buona scusa per passare a trovarli è la loro una festa di chiusura estiva, domani dalle 18 in poi. Io domani però sarò al Rob de Matt per La Premia Isa, Il premio Isabella Bernardi per le professioniste della comunicazione. Mi ha tirato dentro Flavia Brevi, alla cui newsletter dovreste essere già iscrittə se non lo siete già, e mai come quest’anno c’è bisogno di questo tipo di spazi.

A giugno nel quartierino è arrivato un prestigioso duo di illustratori, Anna Spreafico e Lorenzo Duina, che hanno aperto il loro studio Darumalab con una mostra collettiva per cui ho disegnato il darumino malmostoso qui sopra. Con loro in occasione del Pride in combutta con Meriodoc, Sue Tree ed Elena Panciera abbiamo tirato su un laboratorio e una minimostra molto soddisfacente, che mi ha dato la scusa per mettere insieme Gramsci e la mia nuova passione, le orche sabotatrici.

Ho scritto diverse cose per Print, fra cui un articolo che mi ha dato un sacco di gioia su inchiostri fluo, buchi fustelle cuciture e amenità simili all’interno degli albi illustrati. Mi ha fornito un’ottima scusa per chiedere a Marianna Coppo e Anna Pirolli dei loro libri, anch’essi vecchie conoscenze di questa newsletter. Si è concluso un altro anno con la Scuola Internazionale di Comics di Genova, e quest’anno la terza ha fatto conoscenza con la mia passione per l’animalino peculiare: ci siamo esercitati su alcuni tra le bestioline più curiose del percorso kids del Museo di Storia Naturale nella produzione di gif animate che tenessero assieme solidi dati scientifici e la giusta quantità di stupidera. Sono molto fiera di loro.

L’enorme lavoro mesopotamico è ancora enorme e mesopotamico.


Leggere con le figure

copertina de l'ultima estate al cimitero di santamatita

Io ho una teoria: che ci siano due tipi di tristezze al mondo. Una è facile da riconoscere, è la tristezza nordeuropea, piove, fa freddo, il cielo è grigio, le pietre sono umide, le pozzanghere sono fangose, i calzini sono fradici. L’altra è quella che potremmo definire la tristezza mediterranea, feniciopunica, magnogreca. È più difficile da riconoscere a colpo d’occhio, ha a che fare con quel senso straziante della caducità della vita che ti coglie mentre sei pervaso dalla gioia, dalle secchiate di vitamina D che sintetizzi sotto il sole mentre ti bei degli azzurri del mare, dei colori smaglianti, dei riflessi accecanti del sole sulle rovine archeologiche. Ma che luoghi incantevoli! Ma che scorci stupendi! Ma che incredibile voglia di morire! È quel tipo di tristezza che c’è nei romanzi di Gesualdo Bufalino o nelle canzoni di Colapesce e Dimartino.

Ecco, il primo pensiero quando ho finito di leggere L’ultima estate al cimitero di Serena Ferrero aka Santamatita è stato proprio per quella tristezza lì. L’ultima estate al cimitero è un fumetto pieno di luce, una luce abbagliante e agostana che rende tutte le cose nettissime, tutto è illuminato fortissimo, pure i segreti, ma è illuminato così forte che non sei mai sicuro di quello che stai guardando.

Il secondo pensiero è stato “adesso cerco subito se qualcuno nel mondo questa cosa la fa davvero”, perché non esiste usanza dalle premesse apparentemente bizzarre che non sia stata adottata da una cultura umana da qualche parte. Forse non le ferie estive, ma quantomeno Capodanno al cimitero è una solida tradizione dalle parti di Talca – in Cile – e i picnic di Pasquetta con gli antenati sono un’abitudine in almeno un paio di posti della Grecia. L’estate al cimitero, Pasquetta, Capodanno o la festa del Ringraziamento sulla tomba de nonno hanno in comune questa idea apparentemente contraddittoria che non esiste luogo sublime e trascendente che non sia anche prosaico come un’assemblea di condominio, che i legami tra i vivi e i morti e i pesi che questi legami lasciano sono fatti di piccole cose quotidiane urticanti o amatissime.

In questo scenario in cui gli adulti recriminano, ricordano o si scontrano, si muove una torma di bambini in cui ho visto tutte le mie estati da zero a quattordici anni, che non soffrono il caldo, non dormono nella controra, hanno percorsi, avventure e segreti.

L’ultima estate al cimitero è uscito a giugno per Bao e se non è un libro da ombrellone questo, da poggiarvi sulle ginocchia guardando il mare mentre venite colpiti dalla gioia e dallo strazio dell’irripetibilità di tutte le cose umane, non so proprio io cos’è.

dettagli di anziani che stendono il bucato e fanno il riposino tra le tombe da l'ultima estate al cimitero di santamatita

Animali peculiari

immagine di pesce regalegio con cresta rossa su fondo marino azzurro

Dopo aver visto una foto dell’Oarfish o Regalegio dovremmo andare tutti collettivamente a chiedere scusa ai disegnatori di mostri marini delle mappe antiche e delfini serpiformi della statuaria classica. Undici metri di pesce abissale con una cresta rossa lunga, senza squame, coperto di una specie di smalto lucido, che arriva in superficie quasi sempre e solo per tirare il calzino: il regalegio è 100% materiale da costruzione per il folklore mondiale se mai ne ho visto uno.


Leggere con le orecchie

Kara Cooney, mi ha fornito contemporaneamente uno degli aneddoti più divertenti e meno socialmente accettabili sulla mummia di Tutankhamon e alcune delle riflessioni più illuminanti che abbia sentito sul genere e il potere nell’arco della storia umana. Afterlives of Ancient Egypt è il genere di podcast in compagna del quale ponderare sulla struttura della società e i peni perduti dei faraoni and I’m here for it.


Quanti sacrifici per farmi studiare, signora mia!

Afterlives of Ancient Egypt ha anche una bellissima newsletter companion che si intitola Ancient/Now curata da Kara Cooney, Jordan Galczynski e Amber Myers Wells. Uno degli ultimi numeri si apre con un articolo del New Yorker su una faccenda che colpisce vicino al mio cuore di figlia degli anni Ottanta: il complicato rapporto di archeologi e antropologi con Indiana Jones.


È tutto: non ho nessunissima intenzione di farmi viva ad agosto. Scappate nei boschi anche voi, se potete.