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Tre cose di Roma a cui non mi abituerò mai

  • di

pizza al taglio: Io e un nugolo di suore a sbranare la pizza davanti al bancone con lo stesso impegno.

alla fermata dell’autobus: Io e un cardinale. Passa un carabiniere “..Eccellenza..“. L’eccellenza fa un gesto di saluto, e poi si rivolge a me: -“è da molto che non passa il 40?

fotografie: Girare per Roma implica, implicitamente, che tu faccia da sfondo a milioni di foto. È inquietante pensare che una mia immagine sia appesa in camera di Yoko, 17 anni, Osaka, campeggi nel salotto di Albert Green, pensionato, Illinois, o che a Kuala Lumpur c’è una foto mia mentre mi mangio le unghie sullo sfondo di Piazza San Pietro.

 

[non so con quale chiave di ricerca tu sia arrivata su questo post, persona sconosciuta, ma ti prego: sii clemente: ero molto giovane – era il 2004 . Giuro che nel frattempo ho prodotto di meglio. Credo.]

7 commenti su “Tre cose di Roma a cui non mi abituerò mai”

  1. Questo è vero…il punto è che (tristemente) è sempre più difficilie conoscere gente. Le alternative per l’Uomo Moderno Amante Della Socializzazione sono: andare in un locale becero, riempirsi di cocktail beceri (spendendo qualcosa come il bilancio annuo di una picola nazione africana), essere costretto ad ascoltare musica becera e alla fine, bene che ti vada conoscere gente becera…
    aprire un blog e cercare di conoscere gente che (perlomeno) sai non essere becera, dato quello che scive ;-).
    P.S.
    Ma l’invasione ottomana di Vienna non fu respinta? Boh, ero convinto di sì…

  2. La tartaruga s’internazionalizza e ti lamenti?
    p.s: la sottoscritta si trova nelle foto di compleanno di un ragazzo russo, immagino le domande: Questa è una tua amica italiana?
    risposta: non so nemmeno come si chiami! ;-)

  3. Adoro il pensiero che un’immagine di me possa guardare il Taj Mahal dalla finestra. Qualche tempo fa mi sono trovato in un luogo sotto il fuoco di mille telecamere e per quanto odi esser ripreso ce la mettevo tutta per passare davanti agli obiettivi, ché mi dicevo “In America si chiederanno chi è quel tipo lì che ha l’occasione di essere in quel posto lì”. Ah, io vittima della società dell’immagine :-)

  4. @ Ubikindred:>Ma l’invasione ottomana di Vienna non fu respinta? Boh, ero convinto di sì…
    beh certo, dando retta a quegli stessi storici che hanno sempre sottovalutato l’importanza tattica dello spionaggio con le tartarughe nella battaglia sotto le mura di vienna..

  5. ilgattoconlepantofole

    Io penso invece delle decine e decine di macchine fotografiche su cui avrei potuto mettere indebitamente le zampacce nel mio ultimo soggiorno romano.
    “Scusi, ci fa una foto?”.

    Manco una ne ho rubata! Si vede che ho respirato troppo poco a lungo l’aria di Roma..o che non basta quella a farti ladro. =))

  6. Anche io penso spesso alla mia immagine appesa in centinaia di foto in centinaia di posti diversi del mondo. Di solito, quando becco il turista che sta per fotografare gli passo dietro, o almeno giro la testa x nn farmi riprendere… nn so nemmeno perché.

    Ma una volta mi son vendicato: dei giapponesi mi chiedevano di indicargli sulla loro mappa dov’era il Colosseo. Dopo avergli indicato più volte che era alle loro spalle e bastava che si girassero (e capivamo tutti l’inglese, oltre che il linguaggio internazionale dei gesti; e stavamo a via dei Fori Imperiali, che da una parte finsce PROPRIO al Colosseo) ho deciso che erano troppo stupidi per meritare di averlo in foto, e sulla cartina gli ho indicato la strada per arrivare al Teatro di Marcello (costruzione molto simile).

    Ancora rido ogni volta che penso alla loro foto sopra il futon a Osaka con scritto sotto “Io e Yuki al Colosseo, marzo 2001”.

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